Emergenza terziario, Confcommercio costituisce il Tavolo della crisi | Confcommercio

Emergenza terziario, Confcommercio costituisce il Tavolo della crisi

In tre anni l’Umbria ha perso 1.500 imprese. Confcommercio della provincia di Perugia, dopo i reiterati appelli e le denunce degli ultimi anni, ha costituito uno speciale Tavolo della crisi, composto da alcuni membri del Consiglio provinciale, che sta analizzando tutti gli indicatori economici allo scopo di elaborare proposte e iniziative da portare all’attenzione delle istituzioni locali e da condividere con le altre associazioni di’impresa.

mercoledì 21 Novembre 2012 | iconCONDIVIDI iconSTAMPA

Ci sono emergenze pubblicamente riconosciute e altre che faticano a non restare invisibili.  In tre anni, 1.500 imprese umbre del terziario – commercio, turismo, servizi – hanno chiuso i battenti, decretando non solo la fine di un percorso imprenditoriale, ma anche la perdita di migliaia di posti di lavoro.
La situazione è talmente grave da aver convinto Confcommercio della provincia di Perugia, dopo i reiterati appelli e le denunce degli ultimi anni, a costituire uno speciale Tavolo della crisi, composto da alcuni membri del Consiglio provinciale, che sta analizzando tutti gli indicatori economici allo scopo di elaborare proposte e iniziative da portare all’attenzione delle istituzioni locali e da condividere con le altre associazioni di’impresa.
Secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi Confcommercio su dati Movimprese, in Umbria il terziario di mercato ha perso nel 2010 più di 350 imprese; nel 2011 le imprese cessate solo salite a più di 700 e i primi tre trimestri del 2012 segnano già un meno 400!
Considerando che l’ultimo trimestre è quello che, insieme al primo dell’anno, concentra le maggiori cessazioni di attività, è purtroppo facile stimare che negli ultimi tre anni commercio, turismo e servizi stanno lasciando sul campo più di 1.500 imprese con un tasso di crescita negativo del –1,8%.
La sofferenza economica delle imprese umbre, più che in altre regioni, troppo spesso termina inoltre nel fallimento, come dimostrano i dati della Regione Umbria (Andamento congiunturale dell’Umbria tra crisi e ripresa – Aggiornamento ad agosto 2012): il numero di fallimenti aperti ogni 10.000 imprese assume valori preoccupanti per l’Umbria, regione che occupa il primo posto nella graduatoria, e per il terziario, che insieme all’edilizia è il settore che paga il prezzo più alto della crisi.
Da ogni punto di vista la si guardi, la situazione delle imprese umbre è pesante.
Tra gennaio e marzo 2012, le imprese protestate sono aumentate del +16,8% rispetto allo stesso periodo del 2011: il valore più elevato tra le regioni del Centro dove l’incremento registrato è pari a +10,6%.
La situazione si dichiara pesantissima se si prendono in considerazione i dai regionali circa le ore autorizzare della cassa integrazione in deroga, che nel periodo gennaio/luglio 2012 documentano una variazione percentuale, rispetto allo stesso periodo del 2011, pari a 36,8%.
Il crollo dei consumi sta mettendo al tappeto tantissime imprese.  L’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC), registra a settembre una diminuzione del 4,2% su base annua ed una flessione dello 0,8% rispetto al mese precedente. La progressiva contrazione del reddito disponibile, legata al permanere di una situazione economica negativa, appesantita dai continui inasprimenti fiscali, ha presumibilmente riportato le famiglie, dopo il periodo estivo, ad adottare modelli di spesa estremamente prudenti.
Si tratta di dati confermati, a livello locale, dall’Osservatorio economico Unioncamere, secondo il quale, nel secondo trimestre 2012, una quota del 43% delle imprese commerciali intervistate segnala una diminuzione delle vendite rispetto al trimestre precedente.
“La condizione di enorme difficoltà che stanno vivendo migliaia di piccoli imprenditori, assieme alle loro famiglie e ai loro dipendenti, fatica ad emergere come una vera e propria emergenza, perché spesso la classe dirigente non approfondisce i problemi della piccola impresa, o perché la politica è più coinvolta dai problemi di grandi gruppi, amplificati anche da efficaci casse di risonanza, piuttosto che dalla crisi diffusa in una categoria. Con il risultato che si socializza il dramma delle grandi imprese, mentre si tende a rimuovere quello delle più piccole.
Il paradosso – conclude Confcommercio – è che spesso si ritiene che la piccola e piccolissima impresa possa comunque farcela, per la sua flessibilità e la capacità di attutire i colpi che ha sempre dimostrato, senza poter contare su aiuti di alcun tipo. La drammatica criticità di questi tempi richiede invece ai nostri interlocutori una attenzione e risposte molto diverse”.