Imposta di soggiorno, il Comune di Perugia è sordo alle ragioni del turismo | Confcommercio

Imposta di soggiorno, il Comune di Perugia è sordo alle ragioni del turismo

Durissimo il giudizio di Confcommercio-Federalberghi, Confesercenti e Confindustria sulla scelta del Comune di Perugia di adottare l'imposta di soggiorno. Le tre associazioni preannunciano azioni eclatanti per sostenere le ragioni del turismo.

mercoledì 9 Gennaio 2013 | iconCONDIVIDI iconSTAMPA

“L’amministrazione comunale di Perugia interviene sul settore turismo con un inconcepibile strabismo: da una parte si dice disponibile ad aprire un tavolo della crisi, implicitamente riconoscendo i gravissimi problemi del comparto, dall’altra sceglie di perseverare nella politica dei balzelli alle imprese e ai cittadini – in questo caso, essendo turisti, non elettori – confermando la scelta scellerata di imporre l’imposta di soggiorno a quanti, sempre di meno, sceglieranno il capoluogo per le loro vacanze.”
E’ durissimo il commento di Confcommercio – Federalberghi, Confesercenti e Confindustria all’indomani dell’incontro che i rappresentati delle tre associazioni d’impresa hanno avuto con il sindaco di Perugia Wladimiro Boccali e con l’assessore al bilancio Livia Mercati. Associazioni ben decise a sostenere le loro ragioni con una serie di azioni che riguarderanno, tra l’altro, le apertura e chiusure degli esercizi, la loro classificazione, la stagionalità.
L’incontro di ieri era stato sollecitato dalle tre associazioni per un confronto ad ampio raggio sull’eccessiva pressione della fiscalità locale: dall’Imu, applicata con la massima aliquota anche sugli immobili strumentali all’attività d’impresa, all’imposta sulla pubblicità, alla nuova tariffa sui rifiuti, che rischia di dare il colpo di grazia alle imprese, ad esempio quelle ricettive, che hanno bisogno di grandi superfici per svolgere la propria attività, senza che questo si traduca in una proporzionale maggiore produzione di rifiuti.
Quanto all’imposta di soggiorno i rappresentati di Confcommercio – Federalberghi, Confesercenti e Confindustria hanno dovuto prendere atto della decisione assunta il giorno prima dall’amministrazione comunale di Perugia, sorda alle ragioni delle imprese turistiche e incurante dell’esempio di altri Comuni umbri che hanno invece rivisto le iniziali posizioni rinunciando ad introdurre l’imposta, dimostrando così che è una scelta possibile, se davvero si crede nelle potenzialità turistiche del proprio territorio.
“L’imposta cala su un mercato che sta precipitando verso il basso, i cui effetti non ricadono solo sulle imprese del ricettivo – sostengono le associazioni –  ma su tutta l’economia che ruota intorno a questo comparto. I conti fatti dal Comune di Perugia prendono in considerazione il calo di turisti che già pesa sul territorio?
Il territorio perugino rischia di perdere l’occasione di ospitare meeting con migliaia di persone, le cui sorti si giocano anche su differenze modestissime nell’offerta unitaria, in grado però di fare la differenza sul risultato finale. O di perdere quel turismo di gruppo aggregato da piccoli bus operator, che non possono permettersi di farsi mangiare i margini dall’imposta di soggiorno e che quindi sceglieranno le strutture ricettive che operano in Comuni che non la impongono. Comuni che in Umbria cominciano ad essere tanti e non tutti piccoli, tanto che della squadra fanno parte anche Terni e Foligno.
Siamo sicuri che sia più efficace destinare una parte degli introiti preventivati per finanziare l’immagine futura di Perugia nel mondo, piuttosto che dare al turista, nell’immediato, un benvenuto senza balzelli?
Come pensa, inoltre, il Comune di Perugia di gestire la contraddizione insita nella candidatura di “Perugia-Assisi” come capitale della cultura, quando i due Comuni hanno comportamenti così palesemente difformi in ambito turistico e di imposizione fiscale, difficilmente spiegabili non solo alle imprese ma anche ai turisti?
E’ evidente che il Comune di Perugia non ha valutato l’impatto che producono queste scelte in due strutture ricettive che operano nei due Comuni. Ad Assisi, ad esempio, il Comune non ha applicato l’aliquota massima dell’Imu e non impone l’imposta di soggiorno. Sebbene a pochissima distanza, le due strutture si trovano quindi a pagare imposte diverse per decine di migliaia di euro; quella che ricade nel Comune di Perugia è gravata di un handicap che altera le regole della normale concorrenza”.
Con una caduta stimata del 20% negli arrivi e, soprattutto, del 40% della redditività alberghiera durante le feste di Natale e fine anno, sostengono le tre associazioni d’impresa, “ci saremmo aspettati un comportamento più responsabile da parte dell’amministrazione comunale di Perugia, tra l’altro Comune capoluogo e quindi con un ruolo ancora più importante nei confronti degli altri, e non le inutili rassicurazioni sulla destinazione degli ipotetici introiti. 
Rassicurazioni che arrivano, tra l’altro, nell’assordante silenzio dell’assessore comunale di riferimento, che sembra aver delegato il confronto su un tema centrale per il settore al sindaco e all’assessore al bilancio, come se il problema fosse uno e uno solo: fare tornare i conti, costi quel che costi. E non invece un problema di scelte e di strategie. L’assessorato al turismo non ha voce in capitolo? Allora che ci sta a fare?
Dai Comuni, soprattutto in un momento come questo, ci aspettiamo vere ed efficaci politiche di spending review, perché lavorare meglio sui bilanci si può, come testimonia l’esperienza di alcune amministrazioni comunali”.