Imprese aperte e chiuse, pressione Confcommercio su Governo e Regione | Confcommercio
Imprese aperte e chiuse, pressione su governo e regione da Confcommercio Umbria

Imprese aperte e chiuse, pressione Confcommercio su Governo e Regione

Al centro dell’azione di Confcommercio Umbria il famigerato Allegato 23 al DPCM del 14 gennaio scorso, che costringe irragionevolmente alla chiusura alcune imprese – abbigliamento e calzature, preziosi, ambulantato… - se collocate in zona rossa.
venerdì 19 Febbraio 2021 | iconCONDIVIDI iconSTAMPA

La situazione scatenata dalla pandemia è difficilissima per tutti, ma per alcune imprese ancora di più, specie se percepiscono i provvedimenti restrittivi come una irragionevole ingiustizia.

In Umbria, dove la situazione epidemiologica costringe ad alzare la guardia specie in alcuni territori, il senso di frustrazione e scoramento comincia a prevalere.

Confcommercio Umbria si è attivata presso la Confederazione nazionale, perché concentri l’interlocuzione con il nuovo governo – dopo lo stop forzato della recente crisi – proprio sul superamento dell’Allegato 23 al DPCM 14.01.2021, che definisce i codici ATECO a cui si riferiscono i provvedimenti restrittivi, e quindi quali imprese possono stare aperte o chiuse a seconda della condizione sanitaria del territorio in cui operano.

Alla presidente della Giunta regionale umbra Donatella Tesei, che nei giorni scorsi si è confrontata con Federmoda Confcommercio, è stato chiesto di farsi portavoce presso il governo della stessa richiesta di radicale revisione dell’Allegato 23.

“Prima ancora di ottenere ristori veloci e adeguati al danno subito, per i quali comunque stiamo facendo una forte pressione a tutti i livelli”, commenta il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni, “le imprese, che sono in grado di garantire condizioni di sicurezza a clienti e dipendenti, vogliono poter lavorare.

Abbiamo chiesto alla Regione e alla nostra Confederazione di farsi portavoce della necessità di ristori in favore soprattutto delle imprese più colpite dalla crisi e più tenute ferme dai provvedimenti restrittivi nazionali e regionali: tra queste rientrano a pieno titolo la ristorazione e tutte le attività legate al turismo, le imprese dei settori moda e preziosi, quasi tutto l’ambulantato e molti servizi quali nidi privati, agenzie formative e palestre, solo per citarne alcuni.

Ma è urgente e necessario rivedere l’Allegato 23 alla luce dei rischi reali che i settori tenuti chiusi comportano per la salute pubblica e delle incongruenze in esso presenti: si tratta di lavorare sui dati epidemiologici ed uscire da valutazioni empiriche e spannometriche che sembra abbiano ispirato il provvedimento e che stanno creando danni gravissimi alle imprese”.