L'aumento Iva significa un calo dei consumi tra i 5 e i 7 miliardi | Confcommercio

L’aumento Iva significa un calo dei consumi tra i 5 e i 7 miliardi

Prima valutazione dell’Ufficio Studi Confcommercio sui riflessi economici delle misure su Iva e Irpef: per le famiglie 1,5 miliardi in più nel 2013 e 2 miliardi in meno nel 2014.

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martedì 9 Ottobre 2012 | iconCONDIVIDI iconSTAMPA

La conferma, seppure dimezzata, dell’incremento delle aliquote Iva a valere dal primo luglio 2013 – aliquota ordinaria dal 21 al 22% e agevolata dal 10 all’11% – e la riduzione delle aliquote Irpef dal 23 al 22% per il primo scaglione (fino a 15.000 euro) e dal 27 al 26% per il secondo scaglione (da 15.001 euro a 28.000 euro) determinerebbero congiuntamente maggiori risorse per le famiglie pari a 1,5 miliardi di euro circa per l’anno 2013 e minori risorse per le famiglie pari a 2 miliardi di euro per il 2014. Questo conteggio non considera ulteriori restrizioni in termini di minori detrazioni e deduzioni nonché il blocco degli aumenti retributivi nella PA. Il provvedimento è iniquo rispetto all’attuale situazione in quanto circa 10 milioni di contribuenti incapienti – che cioè già oggi non pagano l’Irpef – non avranno alcun giovamento dalla riduzione delle aliquote e poi pagheranno prezzi più alti con riduzione del potere d’acquisto. Poiché tra questi incapienti ci sono verosimilmente le famiglie in cui vivono i 3,4 milioni di cittadini italiani poveri in senso assoluto, (che, cioè, secondo l’Istat, non sono in grado di acquistare un paniere minimo di beni e servizi di sussistenza) è certo che l’area della povertà crescerà rapidamente. Ciò è socialmente svantaggioso per l’intera collettività. Quindi, è opportuno chiarire che:
1) il provvedimento di riduzione delle aliquote Irpef non giova ai più poveri e produce gli stessi vantaggi monetari per tutti i contribuenti che hanno un reddito superiore a euro 28.000; anche chi guadagna 100 milioni di euro all’anno avrà minori imposte per 280 euro all’anno a partire dal 2013 (circa 23 euro al mese in più);
2) i 5 miliardi di minori imposte dovute all’Irpef vengono largamente mangiati dall’incremento dell’Iva; su base annua questo incremento vale circa 7 miliardi e quindi per metà anno vale 3,5 miliardi di euro; tuttavia, e veniamo al difetto capitale della manovra, la modificazione di tutti i prezzi dovuta all’incremento dell’Iva, che comporterà un gradino di 8 decimi di punto nel luglio 2013, per un’inflazione che passerà nella media del 2013 dal previsto +1,8% a +2,2%, ridurrà il valore, in termini di potere d’acquisto, di tutti i risparmi attualmente detenuti dalle famiglie.Attraverso questo negativo effetto ricchezza è verosimile una riduzione dei consumi nel 2013 rispetto allo scenario di base (-0,8%) di un ulteriore decimo di punto (quindi a -0,9%). Ovviamente gli effetti sul 2014 sono ben peggiori e quantificabili complessivamente in 3-4 decimi di punto (quindi da +0,5 a +0,1-0,2%, e questa è una previsione ottimistica). L’inflazione nel 2014 passa dal 2,0% dello scenario di base a 2,4% dello scenario con incremento Iva;
3) l’incremento dell’aliquota agevolata colpisce il settore del turismo e rende uno dei pochi settori che contribuiscono positivamente alla deficitaria bilancia dei pagamenti ancora meno competitivo; evidentemente il Governo non ha considerato che i turisti stranieri non godono della riduzione delle nostre aliquote Irpef mentre dovranno pagare di più per i prezzi interni che cresceranno perché l’Iva aumenta dal 10% all’11%;
4) tenuto conto dei diversi effetti – al netto di ulteriori riduzioni di reddito disponibile derivanti da provvedimenti specifici – nel 2014 la perdita dei consumi correnti dovrebbe collocarsi tra 5 e 7 miliardi di euro rispetto al già depresso scenario di base;
5) queste valutazioni non considerano gli impatti verosimilmente recessivi di altri provvedimenti contenuti nella legge di stabilità che hanno diretto impatto sul reddito disponibile delle famiglie consumatrici.