Piccole imprese allo stremo, l’ultimatum delle associazioni umbre
Il vista delle mobilitazione del 28 gennaio, conferenza stampa unitaria delle le associazioni di categoria del commercio, turismo, servizi e artigianato Confcommercio, CNA, Confartigianato, Confesercenti, Casartigiani, che costituiscono Rete Imprese Italia, per dettare ai candidati e alle istituzioni l’agenda delle priorità, dato lo stato di emergenza in cui versano le pmi.
NUOVO AUMENTO IVA, DOCCIA GELATA SUI CONSUMI
“Vogliamo denunciare la drammatica situazione delle imprese del commercio e dell’artigianato.
Allo stesso tempo vogliamo dettare la nostra agenda delle priorità al prossimo governo e per la prossima legislatura. Questa nostra iniziativa, di protesta e di proposta, si inserisce nell’ambito della Mobilitazione nazionale organizzata da Rete Imprese Italia – il soggetto di rappresentanza unitario del mondo delle piccole e medie imprese e dell’impresa diffusa promosso dalle cinque maggiori organizzazioni dell’artigianato, del commercio, dei servizi e del turismo (Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti) ed è una iniziativa storica, che non ha precedenti, per la trasversalità dei settori coinvolti, per il coinvolgimento di tutto il territorio nazionale”, dice Giorgio Mencaroni, presidente Confcommercio della provincia di Perugia, aprendo la conferenza stampa che si è svolta il 22 gennaio a Perugia indetta da CNA, Confartigianato, Casartigiani, Confcommercio, Confesercenti.
Per esercitare nei confronti della politica e delle istituzioni un pressing più duraturo ed incisivo, in Umbria la scelta è stata quella di promuovere eventi distribuiti nelle prossime settimane a cura delle diverse associazioni.
La prima a cominciare sarà la Confcommercio della provincia di Perugia, che il 28 gennaio, in concomitanza con la Giornata di Mobilitazione nazionale promossa da Rete Imprese Italia, organizza alle ore 10:00, presso il Centro Congressi della Camera di commercio, un confronto pubblico a cui saranno invitati tutti gli schieramenti in campo per il prossimo appuntamento elettorale perché ascoltino dalla viva voce degli imprenditori il livello di esasperazione, preoccupazione, non di rado angoscia che oggi opprime un esercito di imprenditori che spesso non sa più come andare avanti.
In contemporanea con l’inizio dell’assemblea pubblica, alla quale tutti gli imprenditori sono invitati a partecipare, le imprese saranno invitate ad una chiusura simbolica, che sarà spiegata da una locandina che affiggeranno in vetrina, con lo slogan della manifestazione: “Se Chiudono le imprese, Chiude l’Umbria”.
“Oggi e con i successivi eventi – aggiunge Giorgio Mencaroni – le imprese chiedono maggiore ascolto alla politica e alle istituzioni. La priorità è rimettere in modo la crescita e lo sviluppo, conciliare le ragioni del rigore con quelle della crescita, dello sviluppo e della coesione sociale.
La recessione picchia duro; cresce la disoccupazione. In Umbria il tasso di disoccupazione è passato dal 4,6 del 2007 al 6,5 del 2011, con la provincia di Perugia che segna addirittura il 7,2%. I consumi sono in caduta libera e in Umbria ancora di più. Alla flessione già registrata del periodo 2008 – 2011 del 2% (contro il – 0,7% della media nazionale) si è aggiunto un ulteriore calo del 4,9% (superiore al –4,4% della media nazionale) nel 2012.
Al di là delle variazioni percentuali, l’Umbria segna già un divario rispetto alle altre regioni: fatto pari a cento il livello dei consumi in Italia, il dato umbro si ferma a 93, di molto inferiore al 106,9 della media del Centro Italia.
Abbiamo dovuto registrare la chiusura di tante, troppe imprese. Nel periodo da gennaio a settembre 2012, l’Umbria ha perso 335 imprese del commercio (di cui 211 del dettaglio), 79 nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione, 242 in altri servizi tra cui quelli di supporto alle imprese.
Ai candidati alle prossime elezioni diremo quali sono i nodi da affrontare e risolvere: il difficilissimo accesso al credito e i problemi del lavoro, le carenze del sistema infrastrutturale e i vincoli della burocrazia, un sistema fiscale barocco che deve essere semplificato.
Quella fiscale è una delle grandi riforme incompiute, strettamente legata a quella spending review, anch’essa incompiuta, che ha portato i tagli senza la maggiore efficienza e l’eliminazione degli sprechi, con la conseguenza di accrescere ulteriormente la pressione fiscale, in una spirale che rischia di travolgere il sistema delle imprese.
Una riforma fiscale che riduca la pressione su imprese e famiglie è condizione imprescindibile per la ripresa. Il nuovo governo e il nuovo parlamento devono rivedere scelte importantissime in materia di Iva (azzerando il già previsto aumento dell’aliquota ordinaria dal mese di luglio), ma anche di Imu (si dovrebbe dimezzare l’aliquota per gli immobili strumentali all’attività di impresa, rispetto all’aliquota base IMU, e applicare un’aliquota ridotta al 4 per mille per tre anni alle piccole e medie imprese di nuova costituzione, per i locali delle imprese ubicate nei centri storici). Sui temi dell’Imu, della Tares (un altro tributo che rischia di abbattersi con estrema pesantezza sulle imprese), sull’imposta di soggiorno, siamo stati costretti ad aprire un confronto serrato con le amministrazioni comunali, perché ne limitassero il peso sulle imprese.
“Stop al fisco oppressivo”, aggiunge Francesco Filippetti, segretario di Confesercenti Umbria. “Attraverso riduzioni vere di spesa bisogna abbattere la pressione fiscale, ridurre l’Irpef sulle famiglie e le imprese. La questione della spesa e delle entrate deve essere il centro di una nuova politica della crescita. Da un’analisi delle manovre di finanza pubblica succedutesi nel nostro paese dalla fine del 2000, emergono oltre 103 miliardi di aumenti netti d’imposta fra il 2001 e il 2012. un aumento di 3,4 punti (dal 41,3% del 2000 al 44,7% del 2002, arriverà al 45,3% nel 2013), che porta a quasi 5 punti il divario rispetto al resto d’Europa.
Da un anno all’altro, gli italiani avranno pagato 35 miliardi in più, per effetto delle tre manovre che si sono succedute da metà 2011. si tratta di 1.450 euro di aggravio per ciascuna famiglia. A cu si aggiungeranno altri 9 miliardi di euro in più: ulteriori 380 auro a carico di ciascuna famiglia italiana nel 2013.
Il confronto internazionale ci colloca al terzo posto fra i 27 paesi dell’Unione Europea, con un distacco di ben 5 punti rispetto alla pressione fiscale media. Questo significa che se il nostro livello di prelievo fosse uguale a quello medio europeo, ogni famiglia italiana disporrebbe di un reddito aggiuntivo di 3.400 euro”.
Presidente della Confartigianato Imprese Umbria Massimo Nocetti.
Le piccole e medie imprese dell’artigianato e del commercio, esprimono tutto la loro disapprovazione sulle politiche finora perseguite nel Credito nel contesto sia imprenditoriale sia famigliare.
Negli ultimi tre anni vi è stata una continua iniezione di fondi sia del Ministero del Tesoro, sia dalla BCE per approvvigionare le Banche ed evitare la loro sottocapitalizzazione, con evidenti benefici per loro e per i relativi azionisti.
Fondi messi a disposizione al tasso dell’1% annuo ed impiegati poi per l’acquisto, nella maggior parte dei casi di titoli di Stato con rendimenti superiori al 4% annuo: e le imprese e le relative famiglie?
Se qualcosa è stato impiegato è stato veicolato con spread superiori al 6% ed in taluni casi anche a due cifre (vedi il credito al consumo molto sponsorizzato presso gli sportelli bancari, in sostituzione dei finanziamenti classici all’impresa).
Le operazioni poi di concentrazione bancaria che si sono succedute in questi ultimi anni hanno portato in dote altri due fenomeni: il primo riguarda il fermo tecnico per il periodo di concentrazione che si è dimostrato un fermo tecnico di minimo due anni per alcune banche, il secondo la concentrazione delle posizioni per ogni impresa che si è trovata all’improvviso con problematiche rivenienti dal cumulo degli affidamenti, deteriorando il proprio rating.
Se a tutto ciò aggiungiamo una crisi dei mercati e dei consumi con segnali negativi perduranti, ai quali si è unita un aumento della pressione fiscaleindicibile, ecco che il cocktail esplosivo per far saltare il sistema della piccola impresa è stato innescato e servito in tutta la sua dirompenza.
Noi crediamo che occorre fin da subito riaprire i rubinetti del credito alle imprese ed alle famiglie, avviando una nuova stagione di fiducia alle imprese ed alle famiglie, con strumenti che facciano effettivamente “respirare” le imprese e le proiettino verso una fase nuova di sviluppo e intraprendenza imprenditoriale gli uni, e gli altri verso una ripresa dei consumi e della ripresa della spesa pro capite.
Occorre innestare fiducia nel sistema, rendere credibili i pagamenti non solo della P.A. , ma anche tra privato e privato.
Dare fiducia alle imprese ed alle famiglie per far ripartire i consumi vuol dire:
– Continuare con la moratoria dei mutui e dei Finanziamenti allargando l’orizzonte anche ad eventuali affidamenti a breve in scadenza,
– Intervenire pesantemente per sbloccare tutti i crediti incagliati della P.A. contribuendo ad abbassare il tasso di interesse applicato dalle banche
– Concedere nuove linee di credito per sia consolidare le passività ma anche per rilanciare gli investimenti materiali ed immateriali delle imprese compresi le riorganizzazioni aziendali e gli start up non solo aziendale ma anche di prodotto, compreso le concessioni di linee di credito per favorire lo smobilizzo delle rimanenze di magazzino,
– Aumentare il credito a breve concesso alle famiglie, proporzionandolo non solo alla capacità reddituale nel breve, ma anche dando fiducia in un periodo medio lungo ad eventuali rientri del credito concesso,
Questi alcuni esempi di quanto si deve ancora fare per il comparto, ma vi è di più se poi ci caliamo nello specifico in alcuni settori che risultano in caduta libera: l’edilizia e di conseguenza l’arredo casa, o come l’abbigliamento o la meccanica.
In questi ultimi settori occorre prevedere un vero e proprio FONDO DEDICATO che possa far ripartire i comparti confezionando proposte finanziarie con agevolazioni ed incentivi anche per i privati consumatori oltre che per il manifatturiero.
Siamo stanchi delle solite promesse elettorali che nel popolo della piccola impresa e media impresa del Commercio e dell’Artigianato, creano aspettative che puntualmente non si avverano: l’etica, il rispetto democratico delle istituzioni e la peculiarità del piccolo imprenditore che si rimbocca le maniche e non ha tempo di protestare tutti i giorni abituato a risolvere i problemi e non a crearli, non vanno confusi questi valori intendendoli come incapacità a reagire o ad accettare ogni azione passivamente.
Le Imprese guarderanno non solo ai programmi dei vari partiti in competizione, ma sapranno ben monitorare i comportamenti post elettorali reagendo tutti uniti alla mancanza di urgenti provvedimenti nel settore del credito, fino a chiedere la Nazionalizzazione di parte del sistema bancario a favore della piccola impresa e delle famiglie.
Sul tema del lavoro interviene il presidente di CNA Umbria Luigi Quaglia.
“Basta tasse sulla busta paga che aumentano il costo del lavoro per l’impresa e abbattono il potere d’acquisto del lavoratori!
E basta con i lacci e lacciuoli che impediscono la naturale osmosi nell’entrata e uscita dal mondo del lavoro, impedendo ai giovani e alle imprese di cavalcare tutte le opportunità di occupazione in un mondo che sta totalmente cambiando rispetto a quello degli anni 70.
Bisogna favorire in ogni modo l’occupazione, ma cominciando da una riduzione degli oneri contributivi.
Apprendistato, accordi di solidarietà, defiscalizzazione delle buste paga per i nuovi assunti, ma anche un nuovo modello di welfare, con ammortizzatori sociali diversi di quelli attuali che stanno mostrando la corda in questo 2013.
Occorre un profonda riforma delle politiche attive e passive del lavoro, assolutamente diversa da quella oggi vigente, in cui abbiamo peggiorato quello che c’era in termini di flessibilità e non abbiamo recuperato nulla in tema di garanzie per i lavoratori, continuando a privilegiare gli occupati a scapito dei giovani e delle donne che cercano lavoro”.
I danni della BUROCRAZIA
Se il problema della BUROCRAZIA risultava preoccupante in una situazione apparentemente normale ,diventa disastroso in un quadro drammatico che richiede con urgenza un forte cambiamento,orientato a migliorare efficienza,produttività,impegno costruttivo e solidarietà sociale.
La burocrazia costa al sistema delle piccole e medie imprese 26,5 miliardi di Euro all’anno.
Ogni piccola impresa deve farsi carico ogni anno di 6.000 Euro di oneri impropri.
Il settore che incide maggiormente sui bilanci delle imprese artigiane e PMI è quello del LAVORO (circa 7 miliardi di Euro),che insieme alla previdenza si arriva a circa 10 miliardi di Euro all’anno.
La burocrazia per la SICUREZZA incide per un importo di circa 4,6 miliardi di Euro all’anno.
L’area AMBIENTALE pesa sul sistema delle imprese per 3,4 miliardi di Euro l’anno.
Il costo AMMINISTRATIVO per far fronte agli adempimenti in materia fiscale costano complessivamente 2,7 miliardi di Euro, da questo dato sono esclusi i costi per la tenuta delle contabilità.
Gli altri costi burocratici che incidono considerevolmente sui bilanci delle imprese sono: la PRIVACY ( circa 2 miliardi di Euro ) la PREVENZIONE INCENDI ( 1,4 miliardi l’anno ) la burocrazia degli APPALTI (1,2 miliardi di Euro ) la tutela del paesaggio e dei beni culturali ( 0,6 miliardi l’anno).
Se teniamo conto che il carico fiscale sugli utili di una impresa italiana ha raggiunto il 68,6%,c’è da chiedersi come faccia l’impresa piccola a reggere ancora il confronto con un fisco ed una burocrazia cosi opprimenti.
La politica in materia di burocrazia ha sempre fatto vaghe promesse di SEMPLIFICAZIONE.
In Italia nel 2008 è stato istituito un ministero della Pubblica Amministrazione e Semplificazione.
Di che cosa si sia occupato per quattro anni non si sà.
La cosa certa è che le complicazioni burocratiche continuano a peggiorare.
Con il Governo Monti, attraverso il pacchetto Semplificazioni, si è cercato di dare un segnale di svolta alla burocrazia.
Da poco più di un anno, anche in UMBRIA, con la legge sulla SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA, si è tentato di dare una risposta in settori come l’edilizia, l’ambiente,l’energia e l’artigianato e commercio.
Certamente il breve periodo non ci consente di esprimere un giudizio compiuto.
Quello che però ci preme sottolineare è che certamente ad oggi non si avverte tangibilmente il cambiamento ,forse anche perchè quasi tutti gli interventi riguardano anche altri enti locali come i COMUNI, le PROVINCE ed altri enti intermedi.
La nostra preoccupazione è che la cultura conservatrice presente nei vari enti ed organismi rischi di vanificare tutti i buoni propositi della legge, che almeno nella volontà politica intende dare un utile contributo allo sviluppo.
Questo per dire che anche gli APPARATI BUROCRATICI, se non entrano dentro un processo di cambiamento utile allo sviluppo, si rischia di ritardare ulteriormente il processo di stimolo alla ripresa economica e sociale.
E’ importante ricordare inoltre che c’è un intimo,immondo, legame fra inefficienza burocratica,eccesso di burocrazia ed sua interpretazione e CORRUZIONE.
Anche qui, per rompere un perverso circolo vizioso occorre incidere energicamente e contemporaneamente sui diversi fronti.
BUROCRAZIA E CORRUZIONE,sono i parametri di cui il capitale e gli investitori stranieri tengono in dovuta considerazione prima di stabilire le strategie di investimento. Certamente la realtà ci penalizza considerevolmente, annoverando il nostro Paese tra quelli con il più alto rischio tra i paesi della Comunità Europea.Se non saremo capaci di impegnarci con forza, e vincere su questi fronti, creare una prospettiva sicura in grado di uscire dalla crisi sarà molto difficile.
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