Ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, la nuova disciplina
Dal 1° gennaio 2013 entreranno in vigore le nuove disposizioni per contrastare i ritardi di pagamenti nelle transazioni commerciali: si dà attuazione così ad una delega contenuta nello Statuto delle Imprese.
Con anticipo rispetto a quanto inizialmente previsto, dovuto al momento di grave crisi di liquidità delle aziende, dal 1° gennaio 2013 entreranno in vigore le nuove disposizioni per contrastare i ritardi di pagamenti nelle transazioni commerciali.
L’Italia si trova all’ultimo posto nelle classifiche europee sulla tempestività dei pagamenti fra imprese e, soprattutto, di quelli della pubblica amministrazione alle imprese, anche a seguito della scarsa efficacia del sistema giudiziario che spesso comporta una moltiplicazione dei ritardi e dei costi.
Il provvedimento porta significative modifiche alle norme vigenti in materia: in particolare la previsione di un regime ad hoc per i pagamenti effettuati dalla Pubblica amministrazione rispetto ai quali vengono prescritti termini stringenti e, soprattutto, inderogabili dalle parti, diversamente da quanto invece previsto nelle transazioni tra privati.
I RIFERIMENTI NORMATIVI
Le disposizioni sono contenute nel decreto legislativo 9 novembre 2012 n. 192 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 267 del 15 novembre 2012, con il quale viene recepita in Italia la direttiva 2011/7/UE del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in attuazione della delega contenuta nell’art. 10 della legge 11 novembre 2011, n. 180 (c.d. Statuto delle imprese).
AMBITO DI APPLICAZIONE
Le disposizioni in esame si applicano ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, fatti salvi:
a) i debiti oggetto di procedure concorsuali, comprese le procedure di ristrutturazione del debito;
b) pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno, compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore.
TERMINI DI PAGAMENTO
Le nuove disposizioni in materia di termini di pagamento, come anticipato, prevedono un regime differenziato a secondo che si riferiscano a transazioni commerciali tra imprese ovvero transazioni tra PA ed imprese.
Il termine legale, decorso il quale (dal giorno successivo) scattano automaticamente gli interessi moratori senza che sia necessaria la costituzione in mora del debitore, corrisponde a 30 giorni che decorrono dalla data:
– di ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;
– di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento ovvero quando tale data è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
– dell’accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta di pagamento in epoca non successiva a tale data.
Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire anche un termine superiore, fino ad un massimo di 60 giorni. Potranno tuttavia essere concordati termini di pagamento superiori a 60 giorni a condizione che siano espressamente pattuiti (e provati per iscritto) e che non siano gravemente iniqui per il creditore.
Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione il termine legale è di 30 giorni, derogabile fino ad un limite massimo di 60 giorni, ma solo a condizione che tale deroga sia giustificata dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione.
Diversamente, per le imprese pubbliche che sono tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al d.lgs. 11 novembre 2003, n. 333 e per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine, il termine legale è raddoppiato e, pertanto, corrisponde a 60 giorni (inderogabili).
In tutti i casi in cui il debitore è una PA, sono nulle le clausole aventi ad oggetto la predeterminazione o la modifica della data di ricevimento della fattura.
Più in generale, le parti possono concordare pagamenti rateizzati nel qual caso, qualora una delle rate non sia pagata alla scadenza, gli interessi e il risarcimento potranno essere calcolati esclusivamente sulla base degli importi scaduti.
L’eventuale procedura di accertamento della conformità della merce o dei servizi non può avere una durata superiore a 30 giorni dalla data della consegna della merce o della prestazione del servizio, salvo che sia diversamente ed espressamente (per iscritto) concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore.
INTERESSI MORATORI E SPESE DI RECUPERO
Gli interessi moratori sono determinati nella misura degli interessi legali di mora ovvero ad un tasso concordato tra imprese. Nelle transazioni commerciali tra imprese, infatti, è consentito alle parti di concordare un tasso di interesse diverso da quello legale a condizione che non risulti gravemente iniquo per il creditore.
Gli interessi legali di mora corrispondono al tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali maggiorato di otto punti percentuali (Tasso BCE + 8%).
Nei casi in cui il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori ha diritto anche al rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte.
Al creditore spetta inoltre, senza che sia necessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di 40 € a titolo di risarcimento del danno, fatta salva la possibilità di provare un danno maggiore, che può ricomprendere i costi di assistenza (spese legali) per il recupero del credito.
CLAUSOLE GRAVEMENTE INIQUE
Le clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero, a qualunque titolo previste o introdotte nel contratto, sono nulle quando risultano gravemente inique in danno del creditore.
La nullità della clausola può essere dichiarata dal giudice anche d’ufficio, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, tra cui:
-il grave scostamento dalla prassi commerciale in contrasto con il principio di buona fede e correttezza;
-la natura della merce o del servizio oggetto del contratto;
– l’esistenza di motivi oggettivi per derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento o all’importo forfettario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero.
Si considera in ogni caso gravemente iniqua (non è ammessa prova contraria) la clausola che esclude l’applicazione di interessi di mora.
Si presume invece (salvo prova contraria) che sia gravemente iniqua la clausola che esclude il risarcimento per i costi di recupero.
ALCUNE PRECISAZIONI TERMINIOLOGICHE
Nella nozione di pubblica amministrazione rientrano:
– le «amministrazioni aggiudicatrici» di cui all’articolo 3, comma 25, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), vale a dire le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico nonchè le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti;
– ogni altro soggetto (dunque anche soggetti di diritto privato) tenuto al rispetto della disciplina di cui al medesimo Codice dei contratti pubblici.
Per importo dovuto deve intendersi la somma che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento.
Dal novero delle definizioni sparisce, pertanto, quella specifica relativa ai ritardi di pagamento così come la definizione di prodotti alimentari deteriorabili il cui regime di pagamento, come noto, è oggi disciplinato dall’art. 62 D.L. 1/2012.
Sotto questo profilo non è chiaro al momento se, dal 1° gennaio 2013, la disciplina sui termini di pagamento contenuta nel provvedimento qui commentato sostituirà, relativamente alle cessioni dei prodotti agricoli e alimentari, quella contenuta nel comma 3 dell’art. 62 del Dl 1/2012.
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