Saldo Imu, necessario sospendere le maggiorazioni e dilazionare i pagamenti
Centinaia di imprese commerciali e turistiche si avvicinano con un misto di sconforto e disperazione alla scadenza del saldo Imu. Confcommercio chiede ai Comuni umbri di ascoltarne la legittima protesta, sospendere le maggiorazioni e dilazionare i pagamenti. La Confederazione si è attivata a livello nazionale.
Sconforto e disperazione: sono queste le parole che meglio descrivono lo stato d’animo di tanti imprenditori umbri del commercio e del turismo in vista della prossima scadenza dell’IMU.
“In questi giorni – dice Giorgio Mencaroni, presidente Confcommercio della provincia di Perugia – riceviamo in continuazione segnalazioni da parte di colleghi che dichiarano di non essere nelle condizioni di poter pagare quello che definiscono un ‘assurdo balzello’. Le amministrazioni comunali devono ascoltare la loro legittima protesta, sospendere le maggiorazioni e dilazionare i pagamenti.
Da mesi abbiamo sollecitato l’Anci e i vari Comuni umbri perché adottassero un atteggiamento meno vessatorio rispetto all’IMU, e a non sottovalutare le conseguenze di decisioni che potrebbero portare alla chiusura centinaia di imprese e alla perdita di migliaia di posti di lavoro.
La scelta insensata di tassare al massimo anche i beni strumentali è sentita dagli imprenditori come particolarmente odiosa e noi stiamo verificando tutte le possibili azioni da intraprendere contro di essa, per non lasciare nulla di intentato nella gravissima situazione in cui siamo.
Io aggiungo che con questo tipo di provvedimenti i Comuni possono fare cassa oggi, ma non certo sviluppo domani, dimostrando da ultimo anche una colpevole miopia”.
Negozi e magazzini – denunciano infatti gli imprenditori aderenti a Confcommercio – sono considerati dai Comuni non come beni strumentali indispensabili per lo svolgimento della stessa attività, ma come beni di lusso, visto che molti di essi – il capoluogo in testa – applicano l’aliquota massima.
Con il saldo dell’ultima rata dell’Imu, gli oltre 31 mila negozi umbri si ritroveranno a sborsare una cifra annuale complessiva (con l’aliquota all’1,06%) di 26 milioni e 678 mila euro: tre volte superiore a quella che avrebbero pagato con la vecchia ICI.
Il gettito medio per esercizio passa dai 320 euro della vecchia ICI agli 858 euro della nuova IMU.
Si tratta però di valori medi. Molti esercizi che hanno bisogno di grandi superfici per operare, devono infatti pagare decine di migliaia di euro, trovandosi nella inconcepibile situazione di essere costretti a scegliere se licenziare il personale o pagare le tasse.
La mazzata IMU si abbatterà anche sui 4.245 pubblici esercizi umbri, visto che, sempre secondo le stime dell’Ufficio Studi Confcommercio, dovranno pagare complessivamente 3 milioni e 644 mila euro, mentre con la vecchia ICI avrebbero pagato molto meno della metà.
Per tutte le imprese del terziario il conto da pagare sarebbe stato molto meno “salato” se i Comuni avessero applicato l’aliquota base, seguendo le indicazioni dell’IFEL, Istituto per la Finanza e le Economie locali, secondo il quale i Comuni avrebbero dovuto applicare a negozi, bar, alberghi, ristoranti etc. l’aliquota ordinaria, lo 0,76%, con la sola possibilità di applicare riduzioni, e non maggiorazioni, contrariamente a quanto avvenuto nella quasi generalità dei casi.
“Sulle imprese – conclude Mencaroni – si sta abbattendo una vera e propria tempesta di tasse, proprio nel momento in cui la caduta dei consumi interni, con il risultato peggiore dal dopoguerra, e il default sul fronte del turismo, che secondo le stime di Federalberghi segnerà a fine anno un -6% di clientela italiana ed almeno un -10% di fatturato, avrebbero invece bisogno di interventi ben diversi per favorirne la ripresa”.
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