“Stato di crisi” del commercio
Confcommercio ha chiesto correttivi anticrisi agli Studi di Settore
“La recente convocazione dell’Osservatorio regionale sugli Studi di Settore ci ha offerto l’opportunità di presentare ai tecnici dell’Agenzia delle Entrate dell’Umbria i dati da noi raccolti nell’ultimo anno, e in occasione delle festività, che dimostrano senza possibilità di dubbi lo stato di crisi del commercio.
Ci auguriamo – sottolinea Giorgio Mencaroni, presidente Confcommercio della provincia di Perugia – che l’attenzione con cui siamo stati ascoltati a Perugia porti, a livello nazionale, ad una revisione degli Studi di Settore, introducendo quei correttivi anticrisi che tengano conto delle serissime difficoltà in cui si trovano le imprese umbre”.
All’Agenzia delle Entrate dell’Umbria, Confcommercio ha chiesto, inoltre, di farsi portavoce della ulteriore richiesta di sospensione dello strumento accertativo legato agli studi di Settore, per il 2011, proprio in virtù dello “stato di crisi” del commercio.
“All’incontro dell’Osservatorio – aggiunge Mencaroni – siamo andati per portare la nostra testimonianza e le nostre richieste, ma anche per ascoltare. Condividiamo la scelta dell’Agenzia di concentrare i controlli antievasione sul fronte del sommerso, nei confronti, cioè, di chi è completamente sconosciuto al fisco. Un lavoro molto più complesso per gli organi di controllo, ma che ha il merito di contrastare il fenomeno della concorrenza sleale nei confronti di tutti quegli imprenditori che operano nella legalità”.
Il tema degli Studi di Settore – strumento di accertamento soggetto a revisione ogni tre anni e dunque difficilmente in linea con i cambiamenti rapidissimi dell’economia – era uno dei quattordici individuati come strategici da Confcommercio, ai quali corrispondono altrettante urgenti misure da attuare per consentire alle imprese di superare l’emergenza.
Le quattordici misure richieste dalla organizzazione – indirizzate in primo luogo al Governo, tramite i parlamentari umbri e la Confcommercio nazionale, ma anche a tutti gli enti locali – vanno dalla moratoria delle scadenze fiscali e previdenziali in atto da gennaio a giugno 2012 alla fiscalizzazione degli oneri sociali (dal 50% al 75%, a seconda della percentuale di riduzione del fatturato) per le micro e piccole aziende; dalla individuazione di strumenti che consentano di gestire in modo più flessibile l’attività d’impresa, ad esempio sul fronte del lavoro, dopo le liberalizzazioni, all’attuazione di politiche forti e specifiche per il turismo, unico strumento di valorizzazione e salvaguardia dei centri storici; dalla sperimentazione di ammortizzatori sociali efficaci per gli imprenditori che siano costretti a chiudere l’attività all’applicazione dell’IMU all’aliquota minore, almeno per il 2012; dagli interventi per calmierare il mercato degli affitti alla non applicazione della tassa di soggiorno; dalla applicazione dell’addizionale regionale Irpef e delle accise sui carburanti al minor livello all’accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione; dagli interventi in materia di credito per consentire alle imprese di superare la crisi alla corretta applicazione della nuova tassa sui rifiuti; dal sostegno della imprenditoria giovanile condizionato all’acquisizione di competenze specifiche nel fare impresa alla sospensione, appunto, dello strumento accertativo legato agli studi di Settore.
Le richieste di Confcommercio si basano su due specifiche indagini effettuate dalla organizzazione, che hanno confermato lo stato di crisi del settore.
Quella condotta su un campione di imprese tra Natale e Capodanno, ha evidenziato che per 64% l’andamento è stato complessivamente negativo; addirittura gravemente negativo per il 14%, a fronte di 22% di imprese che, in controtendenza, hanno avuto un andamento positivo delle vendite. Sconfortante anche il raffronto con l’anno precedente. Per il 47% delle imprese le vendite sono risultate molto inferiori a quelle del 2010 (flessioni oltre il 20%). Il 36% ha dichiara flessioni più moderate (sotto il 20%); per il 12% il livello delle vendite è stato stabile con volumi equivalenti a quelli del 2010; il 5% ha dichiarato incrementi leggermente superiori – solo l’1% molto superiori – rispetto al 2010.
A coloro che avevano dichiarato una flessione importante e molto importante delle vendite nel corso delle Festività 2011 (78% complessivo), Confcommercio ha domandato quali fossero le conseguenze immediate di questo andamento rispetto alla gestione della propria impresa.
Solo il 22% delle imprese ha risposto che, per ora, questa situazione delle vendite non sta comportando gravi conseguenze gestionali.
E’ invece molto critica la situazione evidenziata dalla maggioranza del campione.
Tra le imprese che hanno infatti dichiarato di doversi già misurare con le conseguenze dall’attuale situazione critica delle vendite e dei consumi, il 28% ritiene di non poter più assortire adeguatamente la merce del negozio, il 20% pensa addirittura di cessare l’attività, il 17% farà ricorso al credito bancario ed il 16% intaccherà il proprio patrimonio personale, mentre il 13% ha dichiarato che non riuscirà ad assolvere regolarmente i pagamenti programmati. (La domanda era a risposta multipla).
Perugia 2 febbraio 2012
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