Umbria, una crisi di lungo corso e un futuro incerto | Confcommercio

Umbria, una crisi di lungo corso e un futuro incerto

La situazione dell’economia regionale fotografata dal Rapporto sulle Economie Territoriali della Confcommercio. Consumi in drastica riduzione, e nel 2011 tante imprese hanno chiuso i battenti.

martedì 28 Agosto 2012 | iconCONDIVIDI iconSTAMPA

Economia umbra in affanno e sistema produttivo in forte rallentamento, non solo per il peso dell’attuale fase recessiva, ma di un quinquennio davvero duro.
Secondo il Rapporto sulle economie territoriali elaborato dall’Ufficio Studi della Confcommercio, infatti, a parte la “boccata di ossigeno” rappresentata dal periodo 2010-2011, nel quale la regione ha registrato un ritmo di crescita modesto (+1,4%, pari alla media nazionale, ma superiore alla media del centro, che è +1,1%), nel periodo 2008-2009 la crisi si è manifestata con un picco negativo di –4,9% (nettamente superiore sia alla media nazionale, pari a –3,4, che a quella delle regioni del centro, pari a –3,1%) a cui si somma il –1,3% stimato per il periodo 2012 –2013 (in media con il resto d’Italia). Insomma, una fase recessiva si è sommata all’altra, protraendosi nel tempo, fiaccando imprese e famiglie e determinando una riduzione della produttività del lavoro.
“Il Rapporto sulle economie territoriali evidenzia per l’economia un’attualità spesso drammatica e in futuro ancora molto grigio”, commenta Confcommercio. “E’ certamente positivo che il commercio, come gli altri servizi di mercato, “tenga”  in termini di contributo al Pil e agisca come attrattore di occupazione anche in tempi di crisi. Ma, date le prospettive dei consumi, i margini delle imprese sono in continua riduzione. Per questo, a tutti i livelli istituzionali, occorre mettere in campo uno sforzo straordinario per riavviare il processo di crescita e non fare pagare alle imprese il drammatico prezzo della crisi”.

CONSUMI IN FORTE RIBASSO
La crisi economica che sta attraversando il Paese da alcuni anni ha causato, dal 2007, una continua diminuzione del reddito disponibile delle famiglie in termini reali e ridotto sensibilmente i livelli di benessere: pur essendo diminuita la quota di reddito che le famiglie hanno destinato al risparmio, i consumi hanno fortemente sofferto.
Dopo una crescita dei consumi reali di +1,6% nel periodo 1996/2007, l’Umbria ha registrato un –1,6% nel biennio 2008-2009, per recuperare un +1,5% nel 2010-2011 (migliore performance tra tutte le regioni italiane) e tornare però al segno meno (-1,8%) nel periodo 2012-2013 (in linea con la media italiana). Il dato peggiora, a seguito dell’aumento della popolazione, se si analizzano i consumi reali pro capite: registriamo dunque in Umbria un –2,6% nel periodo 2008-2009, un +0,9% nel periodo 2010-2011 e una previsione di –2,5% nel biennio 2012-2013. §

LE IMPRESE SUL TERRITORIO: SEMPRE PIU’ TERZIARIO
Resta confermata anche in Umbria, come a livello nazionale, l’onda lunga della progressiva terziarizzazione dell’economia. Addirittura la crisi ne accentua la velocità, quindi la crescita passa dai servizi, oppure crescita non ci sarà. Nella nostra regione le imprese registrate a fine 2011 erano 96.266, con una variazione del +7,7%, rispetto al 2000: la voce prevalente è quella dei servizi in senso ampio, con 47.803 unità, e un incremento di ben il 19,3% negli ultimi 11 anni. All’interno di questa macro area sono collocati il commercio, con 22.275 imprese (il 23,1% del totale), i servizi di alloggio e ristorazione, con 5.917 unità (pari al 6,1%), gli “altri servizi”, con 19.611 imprese (il 20,4% del totale), tra cui sono comprese, ad esempio, trasporti e magazzinaggio, servizi di comunicazione e informazione, attività finanziarie e assicurative, attività immobiliari, agenzie di viaggio, etc.
Il settore servizi è seguito dall’industria, con 24.112 unità (il 25% del totale) e un +6,8% nel periodo 2000-2011; l’agricoltura contava 18.259 aziende nel 2011, con un trend negativo pari a –13,8%.

OCCUPAZIONE, I SERVIZI NE ASSORBONO ANCORA
Anche per quanto riguarda l’occupazione i servizi fanno la parte del leone, con il 66,5%, seguiti dall’industria con il 30,3% e dall’agricoltura, con il 3,2%.
A livello complessivo, a fine 2011 il tasso di occupazione nella popolazione tra i 15 e i 64 anni era del 66,8%, il valore più basso dal 2000.

NATI MORTALITA’ DELLE IMPRESE DEL TERZIARIO, 2011 ANNO NERO
Il 2011 è stato un anno drammatico per quanto riguarda il saldo tra nati-mortalità delle imprese del terziario: nel commercio si sono registrate –438 imprese (di cui –256 nel solo commercio al dettaglio), nei servizi di alloggio e ristorazione  –135, nell’area altri servizi  –343, per un totale di –916 imprese. Se si considerano tutti i settori dell’economia, a fronte di 5.720 imprese iscritte alla Camera di commercio ne sono cessate 5.814, con un saldo negativo di –94.

DIMINUISCE LA RICCHEZZA PRODOTTA
Nel biennio 2010-2011 l’economia umbra è cresciuta a ritmi molto contenuti, con un recupero solo parziale di quanto perso nella recessione del 2008-2009. A partire dalla seconda metà del 2011 il sistema produttivo ha cominciato a mostrare una marcata tendenza al rallentamento, avviandosi verso una nuova fase recessiva. In termini di valore aggiunto, e dunque di produzione di ricchezza, l‘Umbria è passata dal +1,6% del periodo 1996-2007, al –4,9% del biennio 2008-2009, non compensato dal +1,4% degli anni 2010-2011 e anzi peggiorato dal –1,3% previsto per il 2012-2013. 

UN CAPITALE UMANO MOLTO SCOLARIZZATO
L’Umbria è al terzo posto in Italia per gli anni medi di istruzione, dopo il Lazio e la Liguria, con un trend sempre crescente negli ultimi 15 anni: siamo passati da 8,5 anni di istruzione del 1995, a 9,7 del 2005 a 10,2 del 2011. In generale in Italia il trend del livello di istruzione è stato sempre positivo.

LA PRESENZA CRESENTE DEGLI STRANIERI
Su una popolazione residente di 908 mila abitanti, nel 2011 gli stranieri hanno raggiunto quasi quota 100 mila (77 mila in provincia di Perugia, 23 in quella di Terni). Una presenza dunque sempre più significativa, a cui è legato lo stesso incremento della popolazione.

LA STRUTTURA DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO
Circa la composizione della rete distributiva, in Umbria nel 2011 sono state censite  11.920 attività di piccolo dettaglio, 115 minimercati (punti vendita con una dimensione che varia da 200 a 400 metri quadrati), 228 supermercati, 7 ipermercati, 68 grandi magazzini, 45 grandi superfici specializzate, 2113 ambulanti, 440 altre forme di vendita fuori dai negozi.
In confronto al 2010, sono in diminuzione dal punto di vista numerico le tipologie di vendita dell’area alimentare (-0,2%), il non specializzato alimentare (-1,9%), i non specializzati di area non alimentare (-1,0%), i distributori di carburante (-0,2%),le imprese informatiche (-0,9), il settore ferramenta (-2,1%), i mobilieri (-0,3%), mentre hanno mantenuto, sia pure di poco, un andamento crescente i tabacchi (+4%), gli specializzati alimentari (+1,0%), l’abbigliamento (+0,2%).
Nella generale tendenza negativa, da notare in particolare il calo delle imprese di apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni, in decisa controtendenza rispetto all’incremento significativo di esercizi in quasi tutte le regioni (+2,6%).

Quanto alla densità dei punti vendita del piccolo dettaglio, in Umbria ce ne sono 1.313 ogni 100 mila abitanti, superiori sia alla media nazionale (1.247) che del Centro (1.280): questo si spiega essenzialmente con la conformazione del territorio, molto frammentata e in alcune aree di difficile accesso (stesso fenomeni si riscontra ad esempio in Valle d’Aosta, Liguria, Toscana).
Tra gli altri format di vendita, spicca il dato relativo ai supermercati: l’Umbria ne aveva 228 nel 2010 (+13 rispetto al 2009), con una densità di 22,6 mq ogni 100 abitanti, il valore più alto in Italia (la Lombardia ha 16,4 mq ogni 100 abitanti, la Toscana 14,3 mq, le Marche 17,4 mq).
Anche l’offerta di ipermercati (7 nel 2010, stesso numero del 2009) è rilevante, con 5,7 mq ogni 100 abitanti, dato inferiore alla media italiana, pari al 6,1% (media trainata dalle regioni del nord), ma più alto della media del Centro, che è di 4,0 mq.
Grazie al restyling di strutture spesso obsolete e proponendo un assortimento di maggior qualità nel settore dell’abbigliamento, degli accessori e dei prodotti di bellezza e per la casa, il grande magazzino (esercizi non alimentari con una superficie di vendita superiore a 400 mq.) sta registrando una diffusione crescente: in Umbria 68 punti vendita nel 2010, con 10,8 mq ogni 100 abitanti, il secondo valore in Italia dopo quello della Valle d’Aosta, contro una media italiana di 3,8 mq ogni 100 abitanti, e del Centro di 5,5 mq ogni 100 abitanti.
Le grandi superfici specializzate (punto vendita non food con superficie di vendita non inferiore a 1.500 mq, che ha in assortimento in modo esclusivo o prevalente una specifica gamma merceologica) erano 45 nel 2010, con 11,0 mq ogni 100 abitanti, valore più alto tra tutte le altre regioni del Centro (5,6 mq) e rispetto alla media italiana (7,9 mq).
Per numero di imprese e giro d’affari, il commercio ambulante ed itinerante è una realtà significativa del sistema distributivo, che opera attraverso una molteplicità di forme, dai mercati quotidiani e settimanali, alle fiere, ai posteggi a rotazione, alla vendita in forma itinerante. In Umbria nel 2011 erano censite 2.113 imprese (124 in più rispetto all’anno precedente), di cui: 355 nell’alimentare, 942 nel settore abbigliamento, calzature, tessuti, 48 nel comparto mobili e articoli per la casa, 768 di altri prodotti.
L’offerta di vendita in Umbria si completa con le imprese classificate sotto la voce altri canali di vendita (vendita per corrispondenza, via internet e tv, vendita a domicilio e tramite distributori automatici), che nella nostra regione erano 440 nel 2011, con un incremento di 29 unità rispetto all’anno precedente. Entrando nello specifico di un comparto innovativo come l’e-commerce, da notare come l’Umbria abbia valori modesti, come la maggior parte delle regioni del centro sud, e a differenza del Nord, nel quale è ubicato il 50% di queste attività, soprattutto in Piemonte (5.049 imprese), Lombardia (4.767) e Veneto (2.697).
Infine il commercio all’ingrosso, suddiviso in 3 categorie: ingrosso in senso stretto con 2.845 imprese in Umbria nel 2011, intermediari (agenti e rappresentanti, mediatori ed i procacciatori d’affari), che erano 4.318; settore auto (che comprende le attività di vendita sia all’ingrosso sia al dettaglio di auto, di motocicli, parti e accessori di autoveicoli e di motocicli, nonché le attività di manutenzione e riparazione degli stessi), con 2.211 attività.
In tutte le tre categorie, tra il 2010 e il 2011, si è registrato in Umbria un leggero incremento dello 0,5%.

UN FUTURO ANCORA GRIGIO
“Si delinea, in assenza di una ripresa robusta – che appare incerta almeno per i prossimi due anni – una brusca riduzione del numero degli esercizi commerciali, soprattutto di piccole dimensioni”, commenta Confcommercio. “La recente totale deregolamentazione delle attività commerciali, affrettatamente equiparata a un processo di liberalizzazione, non gioverà alla tenuta del settore. Perché il pluralismo delle formule e dei formati commerciali resti un valore, è necessario declinarlo negli spazi vitali delle nostre città: 100 negozi che sostengono due piccoli centri storici hanno un valore diverso degli stessi cento negozi che popolano un centro “artificiale”. Quindi basarsi esclusivamente sulla “conta” dei negozi sopravvissuti, riduce le capacità di leggere il futuro della distribuzione commerciale e, a cascata, di molti servizi alla persona. Un futuro che appare più che mai incerto, specie per la nostra regione. Il prodotto pro capite in termini reali nel 2013 sarà mediamente superiore del 3,9% rispetto a diciotto anni fa. Ma per l’Umbria  – insieme a Piemonte, Val d’Aosta, Emilia Romagna – risulterà inferiore. Rispetto al periodo pre-recessione, cioè l’anno 2007: alla fine dell’orizzonte di previsione la nostra regione sarà ben lontana dal recuperare la situazione preesistente. Ci vorranno molti anni, e molte riforme strutturali, per riportare il paese su un sentiero di crescita accettabile. Per questo, a tutti i livelli istituzionali – nazionali e locali – occorre mettere in campo uno sforzo straordinario per riavviare il processo di crescita e non fare pagare alle imprese il drammatico prezzo della crisi”.