I driver di sviluppo per l'Umbria, le proposte di Confcommercio alla Regione | Confcommercio
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I driver di sviluppo per l’Umbria, le proposte di Confcommercio alla Regione

Analisi e proposte di Confcommercio per lo sviluppo dell'Umbria. Sono state presentate dal vicepresidente vicario Andrea Tattini nel corso della Conferenza regionale dell'Economia e del Lavoro (CREL).
mercoledì 9 Giugno 2021 | iconCONDIVIDI iconSTAMPA

La “due giorni” di confronto serrato voluta dalla Regione era dedicata al tema: “Umbria – Economia e sociale alla prova della pandemia. Idee e proposte per il futuro”.

Confcommercio ha portato la voce delle imprese piccole e medie, la vera ossatura dell’economia regionale, sottolineando che è su di esse che si deve puntare. La strategia del puntare sulle grandi (con risorse, progetti, competenze, ecc.) perché trainino le piccole è infatti fallita!

Occorre, secondo Confcommercio Umbria, un Piano Strategico di innovazione e sviluppo delle piccole e medi imprese, che includa la crescita del capitale umano, la digitalizzazione ed altre forme di innovazione e la costituzione di reti e distretti anche urbani. Con una dotazione finanziaria che non sia risibile, ma dia un serio segnale di voler puntare su questo ampio segmento.

Di seguito, l’intervento del vicepresidente vicario di Confcommercio Umbria Andrea Tattini.

 

Per brevità non parlerò di dati (lo hanno già fatto le Istituzioni preposte prima di me) né porterò l’ennesimo grido disperato delle imprese (è sotto gli occhi di tutti). Vorrei portare alcune suggestioni facendomi portavoce di un’associazione, Confcommercio, che da tempo ha capito che l’unico modo per fare gli interessi di settore è quello di fare gli interessi di tutti, di portare proposte trasversali e di ampio respiro. Per fare questo, dividerò il mio intervento in due parti: la prima per descrivere le URGENZE socio-economiche per l’Umbria e la seconda per delineare i DRIVER dello sviluppo regionale. Il momento è drammatico ma, come in tutte le crisi, appaiono all’orizzonte opportunità altrimenti insperate come il Recovery Plan e la possibilità di rivedere qualcosa nella programmazione dei Fondi Strutturali.

 

Cos’è “URGENTE” per Confcommercio Umbria?

È urgente approntare un sistema sanitario regionale capace di reggere l’urto di eventuali future recrudescenze epidemiologiche, giocando d’anticipo ed evitando di rincorrere il problema, visto che in ballo c’è la salute dei nostri concittadini, soprattutto quelli più fragili, e le conseguenze di un sistema impreparato come è stato finora sono ormai più che evidenti.

È urgente affrontare, anche con strumenti regionali innovativi, la crisi demografica deflagrante, con un Umbria sempre più vecchia, con sempre meno nascite e con i giovani che se ne vanno – per studio e lavoro – a stock di 4.000 all’anno. Basta mettere la testa sotto la sabbia, altrimenti a beve programmeremo cose ma non ci sarà nessuno ad attuarle.

È urgente anche un approccio nuovo al tema della sostenibilità nel quale energia, risorse idriche, rifiuti, mobilità ed emissioni vengano vissute non con l’approccio limitante del divieto ma con l’idea che ciò che è sostenibile è anche un’opportunità. Per es., le regole del Parco del Trasimeno sono divieti e vanno trasformate in condizioni abilitanti per il successo!

È urgente tornare a parlare di città e territori. Non con l’approccio tutto pubblico delle recenti Agenda Urbana e Aree Interne ma con la rigenerazione urbana, ovvero un radicale cambiamento nella progettazione degli interventi che devono essere integrati tra loro e sistemici, in un clima di complicità con gli investimenti dei privati che non sono una variabile indipendente ma un tutt’uno inscindibile.

È urgente, sicuramente, una svolta nelle infrastrutture dell’Umbria, sia nel senso soft della banda ultralarga che copra il 100% del territorio sia nel senso hard delle vie di comunicazione: strade, ferrovie, alta velocità e aeroporto.

È urgente, poi, incidere più di quanto fatto finora sulla trasformazione digitale delle imprese: per il terziario è questione di vita o di morte e non bastano solo le risorse, peraltro decisamente poche finora, ma occorrono politiche di accompagnamento – anche d’intesa con i DIH – che tengano conto delle specificità della micro impresa per la quale il digitale è diverso dalle imprese più articolate. Nei servizi, digitalizzare significa inserire anche piccole innovazioni interne ma capaci di incrementare posti di lavoro e portare crescita produttiva.

È urgente mettere in campo azioni per l’accesso al credito delle imprese meno dimensionate perché anche l’ISTAT ci ha ricordato come, al netto degli interventi-shock del Governo, le banche finanziano quasi esclusivamente le aziende più strutturate, il 5% del totale. Vanno pensati strumenti nuovi, anche con la sponda dei Confidi, per permettere a tutti di avere la liquidità necessaria al circolante e agli investimenti.

È urgente riappropriarci del FSE quale strumento per far crescere il capitale umano regionale che ha un immenso bisogno di essere sostenuto per far fronte alle sfide già in atto, ma è altrettanto strategico un piano di alternanza e contaminazione che coinvolga la Scuola e l’Università per preparare al meglio i nostri giovani a fare impresa o a lavorarci. L’ISTAT conferma le nostre preoccupazioni: le imprese faticano a trovare personale qualificato e la formazione diventa la chiave di volta di questa architettura complessa.

È urgente rafforzare la strumentazione per lo start up e l’avvio di impresa non solo destinando più risorse alla L.R. 1/2018 ma anche prevedendo strumenti nuovi di mentoring ed affiancamento che sostengano nella delicata fase di posizionamento nel mercato.

È urgente, infine, un’azione per l’area del cratere, anche previo utilizzo delle risorse del PNRR tenuto conto che questa parte del territorio anche se ferita dai sismi è una porzione di grande pregio e dalle enormi potenzialità soprattutto in termini turistici. Oltre ad un’evidente accelerazione nella ricostruzione, occorrono investimenti infrastrutturali di sistema a servizio della collettività e vanno create le condizioni per la permanenza di chi ha scelto di restare e per l’insediamento di nuove imprese.

 

Cos’è “DRIVER” dello sviluppo per Confcommercio?

I primi due drivers, citando un noto studio di qualche anno fa, sono i due “motori autonomi” dello sviluppo: il manifatturiero e il turismo. E come il manifatturiero va fatto crescere in competitività attraverso la ricerca, l’innovazione e il sostegno all’internazionalizzazione, così il turismo deve passare da un ruolo di “supporto” all’economia regionale a snodo centrale dello sviluppo economico e territoriale. Un cambio di passo necessario che metta le politiche di settore al centro dello sviluppo regionale dei prossimi anni.

Ciò significa ad esempio passare dalla tradizionale promozione basata solo sul prodotto ad una programmazione decisamente “data driven”. Perché questo avvenga, occorre un serio investimento sui dati – big e open – e sulle tecnologie abilitanti per poter così approdare ad un DMO/DMC regionale e a “prodotti-destinazione” definiti non in base a ciò che semplicemente si ha ma sulla scorta dei dati dei turisti esistenti e dei desiderata dei turisti potenziali a livello globale. Ecco perché da tempo chiediamo che il turismo abbia un’area di specializzazione intelligente all’interno della RIS3 regionale. Poiché il turismo non è un settore economico in senso stretto ma un ecosistema trasversale in filiera che genera una ricchezza molto più diffusa rispetto a qualsiasi altro settore.

La gran parte degli “attori” sembrano condividere questa scelta, di recente la stessa Anci Umbria, ma ancora su questo obiettivo vengono frapposti ostacoli da poteri forti di questa regione, quando invece tale scelta può costituire un’occasione di crescita specie per chi può dare un concreto contributo alla ricchezza di questo territorio!

Altro driver dello sviluppo è la cultura e la creatività. Asset rispetto al quale partiamo, come ci ricorda l’ISTAT, molto male perché le attività culturali, malgrado quello che si possa pensare, non sono una delle specializzazioni della nostra regione! Questo deficit non è solo un problema sociale ma anche e soprattutto economico perché, come da noi dimostrato in un recente convegno, per ogni euro investito in cultura il ritorno è di almeno tre. Essere fanalino di coda è una zavorra di cui dobbiamo liberarci al più presto attraverso un piano strutturato che includa non solo la valorizzazione del patrimonio esistente ma anche il sostegno alle nuove produzioni culturali e creative, altrimenti questo settore verrà sempre visto con lo specchietto retrovisore e mai come possibile prospettiva socio-economica.

Ultimo, ma non per importanza, driver dello sviluppo regionale è il variegato mondo delle micro e piccole imprese che rappresenta oltre il 95% dell’intero tessuto imprenditoriale. Non si tratta di scegliere tra un “piccole e bello” o tra un “grande e performante”, in un antagonismo che ha contraddistinto i recenti DEFR e vari atti di programmazione economica, quanto di una serena presa d’atto che questa è la struttura della nostra regione e che con questa dobbiamo fare i conti. Anzi, siamo chiamati ad ogni sforzo – e certamente più di quanto fatto finora – affinché le piccole imprese diano il maggior contributo possibile alla crescita della nostra regione. D’altronde, starle a criticare dicendo che sono piccole e poco produttive, come fatto finora, non ha portato grandi risultati, mi pare! Per questo occorre un Piano Strategico di innovazione e sviluppo delle MPMI che includa la crescita del capitale umano, la digitalizzazione ed altre forme di innovazione e la costituzione di reti e distretti anche urbani. Con una dotazione finanziaria che non sia risibile, ma dia un serio segnale di voler puntare su questo ampio segmento.

Vengo alle conclusioni: è evidente dai dati pre-Covid che la strategia del puntare sulle grandi (con risorse, progetti, competenze, ecc.) perché trainino le piccole è fallita! Ora vanno pensate nuove strategie che, senza nulla togliere alle imprese più strutturate, sappiano far tesoro degli errori di valutazione fin qui commessi e diano il giusto riconoscimento alle imprese meno dimensionate che sono la vera ossatura della nostra regione in termini di occupazione e valore aggiunto e devono essere messe in condizione di competere e dare ancora di più il loro contributo alla crescita complessiva dell’Umbria!